Gianni e la gita con la classe
Gianni sta andando in gita con la sua classe. Viaggia sul treno ad alta velocità, in un vagone rumoroso e affollato.
Il compagno seduto di fronte abbassa il sedile; cerca comodità e un po’ gioca per passare il tempo. A Gianni non piace quella riduzione nel suo spazio. Punta le ginocchia contro il sedile per spingerlo in avanti, o almeno per far capire al compagno che è infastidito.
“Smettila!”, gli urla Mario.
“Stai invadendo il mio spazio”, ribatte Gianni.
“Se fosse tuo, non potrei abbassare il sedile”, controbatte ancora Mario, lasciando Gianni interdetto e senza parole; in effetti sembra quasi avere ragione … ma non importa, perché quello spazio è suo; il sedile era completamente verticale quando lui si è seduto e solo dopo, il suo rivale lo ha abbassato.
“Pagami e alzo il sedile” dice ancora, ad alta voce, ridendo, Mario.
“Smettetela di litigare: fate rumore” interviene Anna: “state invadendo il mio diritto al silenzio”.
“Il silenzio non è tuo; io ho il diritto di parlare quanto e come voglio” urla – ancora – Mario, e di nuovo: “Se mi paghi, magari, sto zitto”
“Paga tu per urlare … sei fastidioso in tutto! Hai messo anche troppo profumo! E rendi irrespirabile la mia aria, dovresti pagare, tu, anche per questo” ribatte Anna.
Gianni, ora silenzioso, pensa: sono situazioni simili, è chiaro; non è però facile capire chi abbia ragione, chi sia il proprietario del silenzio o del rumore, dell’aria, dello spazio tra i sedili. Tutti forse, ne sono proprietari, o nessuno? Cosa è giusto? Come si possono gestire queste situazioni?
Qualche tempo prima la sua classe aveva ospitato un economista dell’università – molto bravo, in effetti – e aveva accennato a quelle situazioni, a margine di una lezione su altri temi. Una domanda molto stimolante di un suo compagno, posta per interessi privati, era stata utile per tutti: aveva creato, nel linguaggio dell’economia, una esternalità. Allo stesso modo ora, la scelta privata di riempirsi di profumo (o di urlare) aveva ancora effetti (in questo caso negativi) su tutti.
Non ci sono mercati per questi beni; nessuno accetterebbe di pagare il vicino per stare in silenzio e forse pochi accetterebbero anche di essere pagati: sarebbe troppo strano. In situazioni come queste ci sono malfunzionamenti, soprattutto quando mancano regole condivise (come quelle determinate da una comune educazione), quando le abitudini sono diverse, quando manca uno standard condiviso su cosa sia normale o giusto …
Vicino a Gianni, Francesca non ha abbassato il sedile, perché sa che il suo compagno, appena dietro di lei, soffre di claustrofobia; un atto di gentilezza che sfugge dalle regole del diritto e dell’economia.
Marco Novarese