Gianni e l'Intelligenza Artificiale - racconto vincitore

L'aula era immersa nel languido torpore di un grigio mattino. La voce monotona della professoressa Rossi si mescolava al ronzio dei pensieri dispersi degli studenti. Io, Gianni, stavo tentando di sopravvivere all'ennesima lezione di educazione civica, con il mio compagno di sventura Marco.

Come ben saprete La legge n. 92/2019 introduce, nel primo e secondo ciclo di istruzione, l'insegnamento trasversale dell'educazione civica nelle scuole di ogni ordine e grado. Io ho deciso di parlarvi dell'intelligenza artificiale, poiché è un campo che sta crescendo rapidamente e sta rivoluzionando molti settori.”

Anche lei ci parla dell’IA ora?” Dico con tono scocciato a Marco

E pensa che a malapena sa accendere la LIM” Risponde Marco

Silenzio, là in fondo.” Esorta la professoressa Rossi rivolgendosi a noi. “Stavo dicendo…se volessimo dare una definizione, l'intelligenza artificiale è la capacità delle macchine di imparare e compiere compiti che normalmente richiederebbero l'intervento umano. Queste macchine sono in grado di analizzare grandi quantità di dati, riconoscere pattern e prendere decisioni autonomamente.”  

Comincio a pensare che questo argomento sia incomprensibile e del tutto inutile, forse la lezione di storia dell'arte sugli archi a tutto sesto non era poi così noiosa.

Nel frattempo comincio a scarabocchiare sul libro aspettando l'ora seguente, del resto questa è solo una noiosa lezione di educazione civica, non è importante seguirla con attenzione e poi, a Marco non dispiacerà passarmi i suoi appunti.

Driin!

Finalmente è finita l'ora, ma la professoressa sembra decisa a prendersi i nostri miseri dieci minuti di intervallo con le sue spiegazioni.

Vi diranno che l'intelligenza artificiale non sostituisce l'ingegno umano, ma che può supportarlo e migliorarlo in molti modi. Però, come avrete notato, l’IA sta avendo un'influenza decisiva, anche negativa, in molti settori. Ma lascio a voi la libertà di trarre le vostre conclusioni in base alle ricerche che farete. Mi raccomando è FON-DA-MEN-TA-LE educarci perché,Allo stesso tempo, sulle istituzioni statali graverà l’obbligo già menzionato di

predisporre adeguati programmi di istruzione, in modo da incrementare le conoscenze di base in materia di intelligenza artificiale e favorire la formazione di un numero crescente, e sempre più necessario, di esperti  come recita l'articolo 2, in quanto cittadini abbiamo dei diritti e dei doveri, e dato il particolare periodo che stiamo vivendo, dobbiamo essere informati sull’IA e le sue implicazioni etiche, sociali ed economiche . Buon intervallo. Arrivederci

Arrivederci” Rispondiamo scocciati in coro dal momento che abbiamo perso metà dell'intervallo.

Mentre i miei compagni escono frettolosamente io mi perdo nei meandri della mia mente e mi immergo in pensieri profondi.

Proprio non capisco. Fino a un mese fa nessuno parlava dell'IA e di colpo ne parlano tutti i telegiornali, i social, le persone, persino la mia prof prossima alla pensione. L'idea di macchine capaci di apprendere e compiere compiti umani mi sembrava una distorsione della realtà, un po' come un miraggio nel deserto o un mondo distopico uscito dalla fervida immaginazione di Orwell.

Mi assale un brivido lungo la schiena.

Il suono della campanella interrompe il mio flusso di pensieri riportandomi nel presente. Ora non mi resta che sperare che quest'ultima ora passi velocemente per tornare a casa a godermi il venerdì pomeriggio e il weekend.

Finalmente varcai la soglia di casa, esausto dopo una giornata logorante. La mia stanza, il mio rifugio, si apriva come un porto sicuro dopo una tempesta. Accesi la TV sperando di distrarmi, ma l'argomento dell'intelligenza artificiale mi perseguitava ancora una volta.

"L'IA PRENDE I POSTI DEGLI UMANI", gridava la scritta sullo schermo, come un presagio inquietante di un futuro incerto. Decisi di spegnere la televisione.

Afferrai un libro, la mia fuga dalla realtà e lessi fino all'ora di cena

Ma a tavola con i miei mi trovai di nuovo senza via di scampo. La conversazione, inevitabilmente, ruotava intorno all'IA e alle sue conseguenze. Mia madre iniziò con la storia della figlia della vicina, che ha perso il posto per colpa dell'IA. Mio padre raccontò di Mauro, un altro nome sulla lista di coloro che avevano perso il lavoro.

Interruppi la conversazione ribadendo il fatto che le leggi ci avrebbero protetti, come fa l'articolo 4 della Costituzione italiana, e aggiungendo che il lavoro è un diritto e non tutti potevano essere licenziati senza opportune tutele. Nessuno di noi osò sfidare quella verità e cadde un silenzio glaciale.

All'inizio pensavo che tutto il discorso sulle IA non fosse qualcosa da prendere sul serio, soprattutto per il modo barboso con cui gli insegnanti trattavano l’argomento, e anche per il fatto che prima non c'erano notizie molto allarmanti a riguardo. La tecnologia in generale era apprezzata per essere in grado di svolgere il modo migliore compiti che uomini e donne qualsiasi avrebbero svolto con qualche margine di errore, e inoltre alcuni macchinari erano un ottimo strumento per assicurare maggior sicurezza ai lavoratori, senza rimpiazzarli, ovviamente. Ed ora, il fatto che si stesse parlando ovunque delle IA considerato come rimpiazzo a ritmi sempre più elevati e che ci fossero sempre più licenziamenti, avevano scatenato in me una scintilla di interesse ed inquietudine, anche se ancora minima. Sembrava lo stesso identico discorso del cambiamento climatico: è chiaro che le conseguenze di questo fenomeno possano essere gravi, ma esistono ancora oggi molti scettici che credono che questo fenomeno non sia reale, proprio perché non ne percepiscono le conseguenze dirette. Poi, una volta che queste ultime cominciano ad avere un impatto diretto nella vita delle persone, influenzando negativamente loro e l’ambiente circostante, ecco che subito si mettono a recitare slogan come il classico “Non c'è un pianeta B!” E cose del genere. Cominciai dunque a riflettere. Cosa sarebbe successo se nel campo dell’arte ci fosse stato un “artista B” in grado di rimpiazzare tutti, tutti gli artisti sul pianeta? Secondo le notizie, questo stava già accadendo, ma mi sembrava surreale che accadesse tutto così in fretta. Un senso di irrequietezza mi pervase improvvisamente, spingendomi a camminare in giro per casa, a quell’ora vuota e silenziosa. Ma no, mi dissi, non era possibile che un’intelligenza artificiale, anche se specializzata nel campo delle arti, potesse rimpiazzare veri artisti, così, da un momento all’altro. E poi questo fenomeno avrebbe dovuto essere regolato da delle leggi. Ma era anche vero che molti, persino molti colleghi di papà, erano stati licenziati, e quello sicuramente non era un dato trascurabile. Proprio per nulla. Pensai a questo finché non mi trovai dentro lo studio di papà. Era un ambiente disordinato, ma familiare. Tutti i suoi quadri, finiti e non finiti, erano esposti in bella vista in modo che chiunque potesse osservarli da vicino. Disegnare era la sua vita, la sua passione, passione che aveva trasformato in un mestiere il quale ancora oggi si tiene stretto, anche se c'erano sempre state quelle persone che gli dicevano di “fare un lavoro vero” e che la sua era solo una perdita di tempo. Sono orgoglioso del fatto che lui abbia fatto un mestiere che gli piace e che non abbia dato ascolto a persone del genere. Mentre contemplai il polveroso ambiente circostante, lo sguardo mi cadde distrattamente su uno dei tanti quadri presenti del suo studio. Mi si sbloccarono delle memorie e mi avvicinai alla superficie che la polvere sottile e il tempo non erano riuscite a scalfire minimamente. Sarà stato un 50 × 35 centimetri. Ritratto di famiglia. Io, papà e mamma nel giardino di casa. D’accordo, forse non era il giardino più bello e fornito di tutti e le nostre facce non erano proprio da famiglia modello, ma quello poteva considerarsi a mani basse uno dei migliori quadri di mio padre. Me lo ricordo bene: l’aveva fatto assieme a me, quando avevo all’incirca sette anni e lui voleva insegnarmi a dipingere. Tracciava di continuo pennellate veloci ma piene di passione mentre mi spiegava che cosa stava facendo: una specie di Bob Ross curvo e dai capelli radi, e io guardavo, anche se delle volte mi capitava di distrarmi e di non seguire esattamente quello che stava facendo. A un certo punto mi guardó con i suoi occhi luminosi, invitandomi a continuare il suo operato. Lo guardai esitante, preso alla sprovvista dal comando, poi dissi di sì. Per un po' continuai il quadro, e adesso che ci penso ancora rabbrividisco all’errore da principiante che feci allora, anche se al tempo ero ancora un bambino. Non avevo la mano giusta. Sotto gli occhi di mio padre, mentre stavo cercando di fare le gambe di mamma, che con le mie pennellate irregolari diventavano prive di proporzione, il pennello tremò, causando una grande sbavatura nell’angolo del quadro, in contrasto con le mille ritoccate a mio parere perfette di mio padre. Lui notò che mi ero fermato, come congelato da qualcosa.

Perché ti sei fermato? Continua.” Mi esortò.

Senti, papà… Come si può aggiustare il quadro?

Aggiustare?”

L’ho rovinato. Tu puoi aggiustare l’errore, vero?” domandai innocentemente.

Papà si avvicinò.

Macché rovinato. Fai quello che devi fare

E con mio grande stupore, si risedette sulla sedia. Dopo averlo guardato con aria interrogativa, mi pose una domanda indicando la tela.

Lo sai cos'è questo?

Io smisi di guardare quello stramaledetto angolo e mi girai per vedere un papà molto serio e calmo. Lui prima di rispondere prese in esame un pennello.

È un quadro di famiglia. Per me sarà perfetto in ogni caso. E quelli che noi potremo chiamare errori saranno la parte migliore, perché potremo riderci sopra. Il bello dell’arte è anche questo, Gianni. Non serve essere perfetti, o avere una mano meccanica che evita il più possibile quello che viene considerato errore. Serve solo che tu sia te stesso”.

Non seppi come rispondere se non con un “Ah, ok” detto per spezzare il fastidioso silenzio che si era formato. Dopodiché, papà si alzò di nuovo dalla sedia e fece per uscire dallo studio. Posai il pennello, ancora stranito da quello che mi aveva detto, mi misi a seguirlo.

Dove vai?” Esclamai titubante. Lui uscì.

Porto il pennello alla mamma.”

Quel giorno tutti fecero la loro parte.

Quando ritornai al presente, con un sorriso uscii dallo studio. Era impossibile, impossibile che avrebbero licenziato papà. Era il migliore in questo campo.

Poi fu la volta di Bernardo. Noi lo chiamavano sempre “Nardo”, perché oltre ad essere collega e amico di mio padre ci era anche molto simpatico e ormai lo conoscevamo molto bene. Disegnava dei fumetti demenziali e satirici che poi venivano pubblicati sul giornale. Una volta, forse mentre mi stava spiegando le penne migliori per inchiostrare una tavola, mi disse che per un artista è praticamente impossibile accontentare tutti, e qualcuno sarà per forza destinato ad offendersi in qualche modo. Per questo amava quel genere di fumetti: tanto valeva essere sinceri con il mondo piuttosto che essere falsi. E adesso anche lui era stato spedito a casa. Ma non solo lui. Molte riviste, aziende di videogiochi, film d’animazione, serie animate, scrittrici e scrittori emergenti che volevano una copertina innovativa e carina a prima vista stavano cominciando a preferire le IA al posto delle persone vere. Vedere papà picchiettare nervosamente su articoli di giornale di questo genere cominciava a trasmettermi qualcosa.

I giorni seguenti furono una ripetizione del precedente. A casa, i miei genitori elencavano le vittime dell'IA, mentre a scuola discutevamo teoricamente dell'argomento, solo per tornare alle storie concrete di perdita e preoccupazione. In quei momenti, volevo solo abbandonare tutto e tutti, cercare un luogo dove l'IA non potesse raggiungermi, ma sapevo che non c'era via di fuga.

Tornai a casa da scuola sbuffando e sbattendo la porta alla spalle, non ne potevo più di tutta questa situazione, entravo sui social  e c'erano soltanto video e notizie sull’IA, a scuola si parlava solo di quello, il tg- che adoro guardare puntualmente alle otto di sera per rimanere informato- mi iniziava a stancare, perché la metà del tempo la continuavano a passare  parlando dei licenziamenti e a fare interviste ai diretti interessanti.

Persino mia nonna mi ha chiamato due giorni fa per chiedermi come mai quel giorno, andando a fare la spesa, non aveva trovato più alla cassa quella "dolce ragazza" - parole sue - che "mi faceva sempre lo sconto" ma al suo posto c'era una macchina "molto complicata in cui c'erano un sacco di pulsanti e suoni e io alla fine mi sono arresa e il pane l'ho preso in panetteria da Maria".

Quindi, ricapitolando, entrai in casa sommerso da pensieri, con la fame e la voglia di sapere a che punto era quel quadro che era stato commissionato a mio padre e a cui stava lavorando da due settimane, quando però urlai un: "Mamma sono a casa!" non sentii niente, e provando ad andare in cucina davanti ai miei occhi si presentò uno spettacolo che non vedevo da tanto tempo.

Papà era seduto al tavolo; le mani che cercavano di asciugare le lacrime, che però continuavano a scendere copiose sulle guance e con mamma, dietro di lui che lo abbracciava e gli sussurrava all'orecchio parole che non riuscivo a sentire.

Non lo vedevo piangere da tanto tempo, per questo mi precipitai da loro e chiesi allarmato "Che cos' è successo?" loro si guardano, mamma andò a prendere l'acqua per mio padre per poi sedersi vicino, prendendogli la mano e solo allora disse: "Gianni, purtroppo è accaduto quello che sta accadendo a molti, tuo padre oggi è stato convocato a lavoro, convinto che fosse per quell’ordine, ma invece gli hanno detto che verrà sostituito da una macchina che, a sentire loro, ha più talento di lui".

Quando pronunciò quelle parole si morse il labbro, perché, e questo l'ho appurato negli anni, stava lottando contro sé stessa per non usare parole offensive e altre parole poco carine nei loro confronti solo perché c'ero io lì.

Messo da parte questo dettaglio, iniziò a crescere dentro di me  una specie di fiamma quando mi resi effettivamente conto del significato di quelle parole.

Non riuscivo a credere alle mie orecchie e solo vedendo  lo sguardo distrutto di mio padre capii che quella era la verità.

E allora sì che fui arrabbiato, come poteva una persona come lui essere licenziata? Una persona che era in quella compagnia dall'alba dei tempi, che ha sempre fatto di tutto per rispettare le consegne anche a discapito di sé stesso, che ha talento da vendere essendo lì dentro il migliore artista che avevano, che non ha mai infranto nessuna regola o ordine, una persona a cui semplicemente si illuminavano gli occhi quando parlava del suo lavoro.

Non trovando risposte iniziai a parlare solo per sfogarmi e cercare di consolare mio padre:

"Papà tu non ti devi preoccupare, nessuno è migliore di te, presto, molto presto verranno da te strisciando pregandoti di tornare perché tu sei semplicemente il migliore ed è assurdo che tu venga licenziato per una macchina che non ha emozioni, figuriamoci se sa trasmetterle nell'arte!"

Lui mi guardò negli occhi stupito da quelle parole - non ero solito a dirgli certe cose - e semplicemente con occhi ancora lucidi mi ringraziò. Abbracciò me e la mamma e ci disse che sarebbe andato a riposare per il forte mal di testa che gli era venuto.

Solo a quel punto feci cadere la maschera di rassicurazione che avevo in volto e con una grande voglia di urlare dissi semplicemente a mia madre:

"È ufficiale, questi sono pazzi, ma come caz- non continuai con quella parola al suo sguardo- cavolo possono fare una cosa del genere? Per una macchina poi? Ma si rendono conto di quello che stanno facendo o hanno bevuto al lavoro? Come può questa maledettissima IA prendere il lavoro degli esseri umani!?” e continuo “Ti giuro mamma non riesco a credere a quello che sta succedendo, il mondo ha smesso di funzionare e sta andando al contrario?"

Dopo queste parole mamma vedendomi agitato mi mise una mano sulla spalla e disse: "Innanzitutto ti calmi e fai un bel respiro, sai che non ti fa bene essere così agitato"

Solo dopo che lo feci continuò: "Bene, seconda cosa sono d'accordo con te in parte. È ovvio che quello che è accaduto a tuo padre, ma come anche ad altre persone, sia un ingiustizia, ma non condanniamo tutta l'IA.

Come qualsiasi cosa è un oggetto utile ma che se usato in modo sbagliato può solo creare grandi problemi.

Sai, ai miei tempi questo non c'era, e se da una parte dico meno male dall'altra penso a tutto quello che la tecnologia ha fatto e farà per alleggerirci la vita.

A tutto c'è un limite però, e quello che sta accadendo è semplicemente assurdo e privo di una qualsiasi ragione, noi siamo più forti di tutto questo perché abbiamo qualcosa che loro non hanno, ovvero le emozioni e un anima, e questo nessuno ce lo toglierà.

È proprio questo che ci rende superiori e forse se dicessimo tutti il nostro disappunto qualcosa cambierebbe perché tutti insieme potremmo essere davvero forti in quanto saremmo centinaia di menti che hanno un pensiero e non cercano le loro opinioni su internet.

Ora però non preoccuparti più di questa cosa, si sistemerà tutto, mangia il panino che ti ho lasciato e poi vai a letto e cerca di riposare. Buona notte."

Detto questo mi diede un bacio sulla fronte e raggiunse mio padre.

Se prima di entrare in casa avevo tanti pensieri ora mi stava scoppiando la testa.

Così mangiando ripensai alle parole di mia madre, veramente l’IA può avere dei vantaggi? Ma soprattutto, noi cosa possiamo fare? Solo quando appoggiai la testa sul cuscino e chiusi gli occhi addormentandomi, posi fine a quelle domande a cui dovevo ancora trovare una risposta.

Eppure quando mi sveglio, la mia camera non è chiara dal sole mattutino, apro gli occhi con difficoltà, come se le mie palpebre avessero colla tra di loro.

Mi sdraio sulla mia schiena, perché sono sveglio?

La mia testa gira come le ruote panoramiche al Luna Park, e anche il mio stomaco fa capovolte e giri.

Cavolo” mi viene da sospirare, “Sapevo che non bisognava andare a letto arrabbiati ma non credevo che causasse acidità di stomaco

Mentre mi alzo, sento un ping  dal mio telefono, ma essendo ancora mezzo addormentato, appoggio la mia mano su ogni millimetro di superficie del mio comodino alla ceca.

E’ quando sento la forma familiare e rettangolare del mio telefono che porto lo schermo davanti alla mia faccia, accecato dalla luce forte che pensavo di aver abbassato nel di’.

Dopo due secondi, i miei occhi si aggiustano alla luce, pensando “Che palle, anche con la modalità notte è noiosa la luce”, e poi, una notifica di Whatsapp: è Marco

Gianni?”

Sei sveglio?

I miei pollici premono la tastiera “Si ci sono

Anche tutti attorno a te sono stati licenziati vero?

E qui, i miei pollici si bloccano, fermi come statue, insicuro di cosa scrivere.

Dopo secondi mascherati in millenni, io continuo: “Si

E’ come un’apocalisse adesso… mia mamma adesso non trova più posti di lavoro

A quelle parole, non faccio altro che fare come fece mamma a cena: mi morsi il labbro, lacrime che rischiano di cadere, con la mente vuota.

Non ci credo, non ci voglio credere.

Gli umani stanno venendo rimpiazzati da macchine e uomini ricchi senza cuori.

Noi non ci possiamo far niente, né?” digito lentamente “siamo solo studenti, né laureati, né impiegati… né adulti.”

E le leggi scusa? Non possono fermare ciò?? o almeno FARE qualcosa?

Guardo su internet…” digito ancora senza speranza e senza energie, odio fare certe cose nel mezzo della notte.

Trovo un PDF, con molte pagine, ma una frase mi incuriosisce tra tutte: …Le capacità di profilazione individuale dell'IA sollevano anche preoccupazioni riguardo alla garanzia dei diritti politici, come il diritto di voto e l'affiliazione politica. L'uso di algoritmi per personalizzare i contenuti nei social network può influenzare l'esercizio genuino di tali diritti, contribuendo alla polarizzazione politica e agli effetti negativi sulla partecipazione politica, come dimostrato dagli eventi recenti al Capitol Hill…

Allora lo mando a Marco. “@Marco, leggi qui”, mando il messaggio con il link al PDF. Chiaramente Marco lo sta leggendo, non sta scrivendo infatti, e mentre aspetto che finisca, esploro le opinioni pubbliche, molto facili da trovare.

Gli IA stanno rubando lavoro a tutti! I professori ormai non sanno distinguere se gli studenti hanno usato IA o no! A Hollywood, strike da parte di scrittori, sceneggiatori e attori: “non ci faremo rimpiazzare”!

Unvale: Un sito dove gli artisti sono al sicuro dagli IA e dal plagio! Artisti in rivolta sui social media!

“Ah… Non siamo gli unici qui in Italia vedo”. Però mi fa pensare.

Nella mia piccola testa, disorientata dal sonno perso e dalla luce forte del cellulare, inizio a ragionare, una vocina che mi bisbiglia all'orecchio: Guarda, Gianni, guarda tutte ste persone nel mondo che si ribellano. Guardale. Sono messe esattamente come te, in cerca di soluzioni alla peste di IA. Sei sicuro che non puoi fare una cosa? Almeno una? Starai lì a guardare impalato, o aiuterai le persone che ne hanno bisogno? Da che lato stai: dalla peste, o dai pesticidi? Forse gli scienziati hanno ragione a dire che il momento in cui il cervello è più attivo è di notte, perchè mi viene in mente il commento di mamma a cena adesso.

“A tutto c'è un limite però, e quello che sta accadendo è semplicemente assurdo e privo di una qualsiasi ragione, noi siamo più forti di tutto questo perché abbiamo qualcosa che loro non hanno, ovvero le emozioni e un anima, e questo nessuno ce lo toglierà.” …e nessuno ce lo toglierà…

Un colpo di adrenalina mi colpisce come un fulmine con un ombrello: sono solo codici binari e circuiti, noi siamo carne e ossa!

Non ci possono rimpiazzare per macchine fredde e prive di emozioni, prive di creatività, prive delle cose che ci rendono umani.

Non verrò rimpiazzato da una macchina che studia al posto mio, no no no no.

Quella fiamma, creata dal fulmine, ora è un incendio impossibile da spegnere.

Voglio fare qualcos’altro che stare impalato qui, con il mio telefono a chiacchierare con Marco, voglio agire, adesso!

E quindi digito per l’ennesima volta a Marco.

“Marco, noi saremo solo studenti del liceo che cercano di prendere almeno sei, ma possiamo fare tanto comunque”

“Ma non avevi detto che non potevamo fare niente? Che siamo solo studenti?”

“Forse ho un’idea”

“Davvero? Proponga pure Einstein”

“Devo solo cercare una cosa, aspettami”

Dandomi l’okay, vado di nuovo su google veloce come il vento, e digito: “diritto alla protesta” “..Il diritto alla protesta è il diritto fondamentale di esprimere dissenso, disagio o opposizione nei confronti di istituzioni, politiche o azioni governative, attraverso manifestazioni pacifiche, assemblee pubbliche, petizioni o altre forme di espressione. Questo diritto è sancito in varie dichiarazioni dei diritti e costituzioni nazionali, nonché da convenzioni internazionali sui diritti umani. La protesta può essere un mezzo importante per promuovere il cambiamento sociale…”

Bingo.

Domenica, 10:40 del mattino.

Tengo in mano un cartello, come lo fanno tutti dietro a me. Si sente un eco di persone, giovani e vecchie, che replicano la stessa frase round dopo round.

E’ stata una buona idea chiedere aiuto a Marco per radunare gente, lui si che ne sa fare di post sui social, però non è quello che importa adesso.

Guardo mio padre, a fianco a me e ai suoi colleghi, che portano i cartelli con diverse scritte in rosso in aria per far vedere a tutti, e io guardo davanti al municipio, con megafono e cartello.

Devo fare anch’io la mia parte della protesta, prendo il mio megafono e grido a crepapelle le parole che ho sempre voluto dire dall’inizio di questa brutta storia:

“No agli IA!”

Ruena Ozuni, Viktoria Taho, Irene Gatti, Lara Vottero