Gianni e la ricerca dello Stato di benessere
Gianni è pensieroso, riflessivo, pensa ai molti libri letti, ricerca alcune frasi per lui significative annotate su un cartoncino appeso alla parete della sua camera.
Legge ad alta voce la prima: “Leggete, studiate, e lavorate sempre con etica e con passione; ragionate con la vostra testa e imparate a dire di no; siate ribelli per giusta causa, difendete la natura e i più deboli; non siate conformisti e non accodatevi al carro del vincitore; siate forti e siate liberi, altrimenti quando sarete vecchi e deboli rimpiangerete le montagne che non avete salito e le battaglie che non avete combattuto” (Il coraggio di dire no, M. Rigoni Stern).
L’aveva trascritta perché con questa frase gli era sembrato possibile riassumere la propria idea di libertà, un messaggio che, però, oggi gli sembra tanto difficile concretizzare.
Sono molti i momenti in questi ultimi anni che lo hanno fatto sentire privato dei suoi diritti, come prigioniero e intrappolato in una realtà che non riesce ad accettare.
Le notizie che legge o ascolta sono confuse, contraddittorie e sempre negative, quasi come se fosse ormai una moda instillare paura nei cittadini (terza guerra mondiale, nuove pandemie, disastri climatici, carestia).
Gianni allora appoggia il giornale sulla scrivania e tenta di approfondire sui social e, nonostante sia consapevole dello scontro ormai radicato tra mainstream e ciò che è etichettato come disinformazione, la capacità di riflettere, che non lo abbandona mai, gli suggerisce un interessante parallelo: se sotto i regimi autoritari la censura limitava l’accesso alle informazioni, oggi reperire la verità non è certamente più semplice perché è molto difficile sapere quale notizia risponde davvero a verità.
In passato la censura operava bloccando le informazioni, nel XXI secolo la censura opera inondando la gente di informazioni irrilevanti e false: essere libero significa imparare a conoscere cosa ignorare.
Nelle lunghe giornate in cui la pandemia l’ha costretto in casa, improvvisamente senza più la possibilità di spingere, toccare e abbracciare i compagni, gli amici o giocare con la squadra, gli è capitato di immaginarsi Cosimo Piovasco di Rondò, lui sì, pensa Gianni, ha avuto il coraggio di vivere la sua libertà nel modo più profondo, ma ha dovuto lasciare la società (Il Barone rampante, I. Calvino).
Cosimo è stato sconfitto, ha perso la battaglia del cambiamento sociale, la speranza di un mondo adatto a lui.
Gianni si sporge dal balcone della sua cameretta e immagina di essere su un albero come Cosimo (Il Barone rampante), inizia a immaginare e cerca di vedere se gli è sfuggito qualcosa nelle giornate frenetiche di vita trascorsa “sotto”.
Nonostante la speranza che la soluzione della pandemia potesse portarsi via ogni strascico e tutto potesse magicamente riprendere come prima, la realtà gli ha messo brutalmente davanti come società e mondo intero sono fortemente cambiati.
La crisi economica e dell’occidente si sta mostrando in tutta la sua immensità, la guerra, le imbarcazioni di immigrati, il cambiamento climatico e la rivoluzione dei valori rendono il quadro davvero pesante per occhi e speranze di un ragazzo.
Pagare le tasse sullo stipendio, sulle cose che acquisti e su ogni spesa effettuata (lavori, servizi, forniture) nonché sui beni che possiedi (casa, auto, risparmi) diventa insopportabile quando politica e amministrazione si sono dimostrate incapaci di interpretare in modo efficiente il Testo costituzionale e garantire il benessere del popolo.
L’immagine di Cosimo tra gli alberi che guarda dall’esterno una società che non riesce ad accettare ha accompagnato molti ragazzi e sicuramente è stata in grado di trasmettere con forza l’immagine della libertà anche a noi adulti che siamo cresciuti in un mondo decisamente più semplice.
Più difficile è stato per il Professore di educazione civica trasmettere lo stesso sentimento nei confronti della Carta Costituzionale, insegnando che il popolo è sovrano e le sue libertà e diritti fondamentali sono garantiti e tutelati da politica e amministrazione.
La nostra Costituzione repubblicana consacra il diritto di libertà in tutti i suoi aspetti, ma dà anche per scontato che i diritti e le libertà non siano completamente attuati ma occorra, affinchè gli stessi possano effettivamente operare nei confronti dell’intero popolo, l’intervento del potere pubblico.
Il legislatore costituzionale configura un’amministrazione “al servizio esclusivo della Nazione” rivolgendosi ai dipendenti della P.A. e, prima ancora, all’apparato amministrativo nel suo complesso, che trovano un espresso limite, ma anche doveri di attuazione, nell’art. 2 Cost.
L’art. 2 della Costituzione pone sullo stesso piano i diritti e i doveri, con espressa richiesta al soggetto pubblico di garantirne la piena attuazione; qualsiasi forma di allontanamento da quei doveri inderogabili affievolisce il riconoscimento e la garanzia dei diritti.
Non si può, quindi, prescindere dal potere politico, ma si rende necessario che lo stesso torni a compiere accurate scelte nelle competenti sedi istituzionali e che l’agire del soggetto pubblico possa essere sottoposto a sindacato giurisdizionale e a responsabilità per garantire che l’esercizio del potere non si discosti dal dettato costituzionale.
Le persone divengono il fine da perseguire e perdono il carattere di “mezzi”; l’analisi deve partire dalla valutazione del livello di vita, di benessere che è possibile garantire.
Tale approccio, che impone la definizione trasparente dell’interesse pubblico, concretizzandolo tramite attenta ponderazione, sviluppata all’interno dei limiti costituzionali, non può prescindere dalla necessità di ripristinare fiducia nelle capacità della politica e in un’amministrazione che esercita un potere imparziale per intervenire nei rapporti interprivati.
La legittimazione del potere pubblico si giustifica solo se ed in quanto l’esercizio dell’autorità sia funzionalizzato ad assicurare il godimento dei diritti, e deve essere valutata sotto tale aspetto.
La dialettica, la retorica, la logica, stimolate e sviluppate durante le lezioni in classe, un po' imitando il modello delle antiche accademie dove si svolgevano le disputationes, hanno dotato Gianni di capacità critica, capacità di discernere la manipolazione e di evitarla.
Le sue aspettative possono così tentare di rivolgersi al Testo costituzionale e sulla necessità di una logica nuova che abbandoni il primato di liberalizzazione, mercato ed efficienza per riportare l’attenzione sulla persona nella sua integralità e, in particolare, all’insieme delle libertà e dei diritti fondamentali che l’ordinamento giuridico riconosce e si impegna a garantire.
I soldi dei contribuenti servono per far funzionare l’enorme apparato pubblico, questo, ridimensionato nelle parti inutili, deve diventare capace di garantire il benessere del popolo con la stessa dedizione che vi impiegherebbe l’imprenditore di azienda, muoversi su basi eticamente aderenti al suo ruolo costituzionale, consapevole che l’attività amministrativa è un dovere al servizio del sovrano.
A Gianni viene in mente che minister è un derivato di minus, cioè inferiore ai cittadini, li serve e amministrare deriva da minus stare, mettersi al servizio del popolo sovrano, devono averlo scordato tutti, riflette il ragazzo.
In questo periodo di crisi non è soltanto di Gianni la percezione dell’amministrazione quale apparato inutile e costoso che, anziché evolversi per rispondere all’implementazione di diritti e libertà fondamentali, resta sopraffatta da riunioni, compilazione di moduli, verbali, relazioni, schede, report, lasciando al libero mercato la parte di attività che dovrebbe garantire il benessere del popolo e crescita economica.
Gianni riflette su alcuni diritti quali sanità o insegnamento, per arrivare alla ricerca e si chiede: se tali attività sono svolte da un privato quale garanzia abbiamo che siano svolte nell’interesse pubblico? Una società che finanzia un progetto di ricerca può sicuramente influire affinchè i risultati del lavoro degli studiosi siano alla stessa favorevoli. Così l’istruzione o la sanità, se controllati da privati anziché da soggetti pubblici, potrebbero certamente imporre contenuti, teorie, cure che possano assicurare al privato finanziatore utili cospicui.
In fondo non è un segreto che stiamo parlando di scienze tutt’altro che certe e, per questo, si prestano ad essere manipolate per finalità private.
Gianni ricorda: Rigoni Stern ha sempre amato il mondo naturale, difendendo con forza il suo altipiano dagli attacchi della speculazione edilizia. Si impegnò contro l’avanzata del cemento e delle brutture urbanistiche ed edilizie, che rischiavano di rovinare per sempre il bellissimo altipiano e le sue montagne, sia scrivendo articoli su Il Giorno sia impegnandosi con altri compaesani nel Gruppo salvaguardia dell’altipiano. Condivideva l’antico detto “la terra non è qualcosa che ci è stato donato dai nostri genitori, bensì qualcosa che abbiamo avuto in prestito dai nostri figli e nipoti”. Dobbiamo averne cura, dobbiamo difenderla (oggi art. 9 Cost.).
Pensando alla musica Gianni riflette. Nel 1966 Adriano Celentano incise la canzone “Il ragazzo della via Gluck”, una denuncia alla corsa alla cementificazione delle città e delle periferie e un inno a lasciar vivere l’erba e i prati. Poco dopo, nello stesso anno, Giorgio Gaber incise una canzone dal titolo “La risposta al ragazzo della via Gluck”. Ecco, in questo caso la canzone si apriva con queste parole: “Questa è la storia di un ragazzo che abitava in una strada di periferia e in fondo in fondo un po’ assomiglia al ragazzo di via Gluck anche se i suoi problemi sono completamente differenti”.
Il protagonista di questa seconda canzone, lavoratore a basso reddito, riesce finalmente ad affittare una casa dove sogna di andare a vivere una volta sposato. La casa è, però, abbattuta perché è stato adottato un “piano verde” finalizzato a reintegrare il verde pubblico.
Libertà e benessere sono tutto e niente, comprende Gianni e la Costituzione non li definisce, siamo nelle mani di politica e amministrazione. Ecco perché è così importante che, per prima cosa, si formi un’etica, una morale condivisa.
E’ anche importante che nelle scelte della “ricostruzione” della società del benessere non si consenta ai poteri economici forti di influire: la filosofia ha insegnato a Gianni che nella scelta del tema vi è già la confessione di una preferenza, e nella formulazione del problema è già implicito il criterio della soluzione. Le lobby possono essere ascoltate, ma gli interessi di poteri privati “forti” non dovrebbero incidere sulla determinazione del pubblico interesse.
Durante una intervista, alla domanda su “come vivere”, Rigoni Stern risponde di fare sempre tutto al meglio, qualunque cosa sia, perché solo questo ti rende soddisfatto e appagato. Tutto deve essere creativo. Essere intellettuale vuole dire tutto questo: tu acquisisci e utilizzi quello che hai imparato al meglio.
Lo scrittore non ha creduto nell’obbligo di combattere, non si deve cedere all’obbedienza pronta e assoluta. Rigoni non è mai stato il fascista perfetto, è sempre rimasto consapevole che i soldati che incontrava erano uomini e non i suoi nemici. Ha “detto no” sui campi da guerra e ha insegnato quanto è più difficile dire no che si. Esorta i ragazzi a dire no a chi ci racconta una realtà non vera.
Gianni è convinto che deve avere la forza di scegliere, ma anche la capacità di ascoltare la verità.
Il potere politico non può sovrastare l’individuo, imponendogli ciò che ritiene essere un bene per lui. Infatti, se esiste una pluralità di valori, significa che ognuno di noi ha la possibilità di scegliere e di decidere il proprio modo di vivere.
L’attuale crisi della rappresentanza, evidenziata anche da una continua carenza dell’affluenza dei cittadini alle urne, deve far riflettere anche perché inevitabilmente alimenta il fenomeno corruttivo, in gran parte avvantaggiato da una eccessiva e poco chiara produzione normativa.
La storia ha insegnato a Gianni che la nascita del regime totalitario è favorita dalla crisi delle istituzioni democratiche, insieme alla presenza di un potente capo carismatico (allora Mussolini, oggi potrebbero essere i detentori del potere economico) e questi due elementi sono bastati ad accantonare l’istituzione parlamentare e la democrazia.
L’attenzione deve essere volta alla ricerca di una nuova amministrazione e di una politica che rispondano del loro operato nei confronti del popolo, garantendo quel buon andamento e imparzialità che il Costituente ha imposto all’art. 97 Cost.
In forza del principio di legalità, ogni potere privato e pubblico, legislativo, giudiziario e amministrativo, deve essere subordinato a leggi che ne disciplinano le forme di esercizio e che pongono limiti sostanziali volti a predeterminarne il contenuto.
La Costituzione vieta che l’esercizio dei poteri privati e dei poteri pubblici possa avvenire violando i diritti di libertà e impone la soddisfazione dei diritti sociali.
In altri termini, il dato innovativo è rappresentato dalla funzionalizzazione dell’esercizio dei pubblici poteri alla garanzia dei diritti sociali e dalla preclusione di interferenza dei poteri privati.
Gianni abbozza una sua considerazione: sono gli uomini che devono cambiare, avere un diverso codice etico che deve essere costituito da valori forti quali il coraggio, l’autonomia di pensiero, la generosità nel difendere la natura e i più deboli.
Social e intelligenza artificiale? Forse chatgpa aiuterà Gianni a fare il tema di maturità, compiti in classe e ricerche, ma l’intelligenza artificiale non è la soluzione idilliaca ai problemi della società e alla concretizzazione del diritto di libertà. Sono molti i rischi e i problemi che introdurrà a partire dalla tutela della privacy e da nuove forme di controllo sui nostri comportamenti.
Riflette il ragazzo: se Stern mi ha fornito consigli per proseguire nella mia strada, Cosimo mi ha fatto guardare la realtà in modo diverso. Vivendo libero imparerò la mia lezione.
La morale cambia nei diversi momenti storici ed è fortemente condizionata dall’ambiente in cui vivi, ma ci sono situazioni che senti nell’anima e non se ne vanno. “Avete mai assistito a un’alba sulle montagne?”, sali su una montagna al buio e quando arrivi in cima assisti ad uno spettacolo che nessun mezzo creato dall’uomo può dare. Prima senti un fremito, non è l’aria, è il brivido della creazione che il sole porta ogni mattina. Poi vedi il pettirosso, altri uccelli, magari anche l’aquila, ma quel brivido che la Natura ti ha trasmesso non te lo scordi più (Il coraggio di dire no, M. Rigoni Stern).
Il vero schiavo non è tanto quello che ha la catena al piede, quanto quello che non è più capace di immaginarsi la libertà.
Che non sia semplice diventare adulti lo abbiamo sperimentato tutti, spesso ci siamo riusciti comprendendo che è impossibile, e anche irrilevante, essere accettati dall’intera società: ogni persona è unica e in quanto tale titolare di diritti e libertà fondamentali. Quando Rigoni Stern ha terminato di scrivere “Il sergente nella neve” in molti hanno criticato il suo linguaggio. E’ stato giudicato ignorante, incapace di scrivere ma all’Autore non importava, preferiva essere compreso dalle persone a cui erano rivolti i suoi lavori. Non si può piacere a tutti, ma bisogna piacere a se stessi, questa è libertà.
Gianni adesso è pronto per uscire con gli amici, non saranno le sempre più incisive tecniche di marketing o le comunicazioni di notizie largamente incentrate su quelli che in psicologia della comunicazione vengono definiti stimoli periferici a farlo agire, ora sa che può e deve restare libero di scegliere.
«Non ti ho fatto né celeste né terreno, perché da te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che avresti prescelto. Tu potrai degenerare nelle cose inferiori che sono i bruti; tu potrai, secondo il tuo volere, rigenerarti nelle cose superiori che sono divine» (Pico della Mirandola, Oratio de hominis dignitate)
Barbara Mameli